venerdì 15 ottobre 2010

effetto coppia. descrizione del fenomeno


Operando una critica nei confronti del classico metodo dei gemelli, lo psicologo francese René Zazzo (1960, 1987) pose per primo in evidenza come il carattere dei gemelli si formi non solo grazie alla dotazione genetica e all’educazione, come per i nati singoli, ma anche attraverso specifiche dinamiche caratteristiche della coppia gemellare. Tali variabili prendono, nel loro insieme, la denominazione di «effetto coppia». Quest’ultimo è attivamente creato dal legame fra i gemelli,  ma è anche effetto delle relazioni che gli altri, le principali figure di accudimento in particolare, intrattengono con ciascun membro della coppia gemellare[1]. Zazzo ritiene l’elemento coppia il fattore determinate delle differenze psichiche tra gemelli, la cui personalità è formata e plasmata proprio dalle dinamiche relazionali, confermando l’impossibilità di studiare i gemelli come individui avulsi dal loro peculiare contesto di appartenenza (la coppia). L’autore sottolinea, in particolare, quanto avviene nelle coppie monozigoti, enunciando il cosiddetto paradosso dei gemelli. Pur essendo identici geneticamente, in possesso della medesima dotazione innata e condividendo l’ambiente di vita, i gemelli monozigoti non sono affatto identici da un punto di vista psicologico. Secondo Piera Brustia (2009) l’effetto coppia conduce ad  un duplice risultato: alimenta la chiusura della coppia ed allenta la relazione diadica madre-bambino, già resa complessa dalla difficoltà di accudire contemporaneamente due (o più) bambini di pari livello evolutivo. Sia la natura simbiotica della relazione fra i gemelli, sia la complessità del rapporto con la figura primaria di accudimento possono comportare alterazioni nel processo di separazione e individuazione (Mahler, 1975). Nei gemelli, la costruzione dell’identità richiede che ciascun gemello si appropri dell’ immagine di Sé staccandosi da quella del co-gemello, e la progressiva separazione parimenti dal caregiver e dal co-gemello. In letteratura non esiste ancora oggi un quadro esaustivo delle disfunzioni connesse all’effetto coppia, la maggior parte dei dati disponibili risale agli studi compiuti da Zazzo (1987), ed è così riassumibile: chiusura eccessiva della coppia e tendenza all'isolamento; resistenza e sofferenza alla separazione; marcata conflittualità; ruoli rigidamente complementari; anomalie linguistiche (criptofasia o linguaggio segreto)[2]. In linea con le attuali teorie dell’Infant Research sulla costruzione del Sé, già il pediatra e psicoanalista britannico Donald W. Winnicott (1975, 1987) sottolineava l’importanza del processo di separazione dall’accudente primario nella formazione dell’identità. Il bambino riesce a costruire una senso di Sé, attraverso l’opportunità di stare con altri, e parimenti di stare da solo, di sperimentare l’unicità esistenziale[3]. Il vissuto di autonomia necessita, per la sua affermazione, di una madre capace  di contenere e di modificare le sensazioni (primariamente somatiche) di inspiegabile disagio del bambino molto piccolo. Una madre «sufficientemente buona» (Winnicott, 1975), pur rimanendo sempre disponibile a rispondere in modo appropriato alle necessità del figlio, non interferisce costantemente nei suoi spazi, consentendo al bambino di giocare e sperimentare l’ambiente in autonomia. Il piccolo che si trovi nella condizione gemellare vive difficilmente una situazione di non interazione con il proprio gemello: la presenza del fratello, infatti, è quasi sempre reale e interattiva[4]. Sin dalla nascita, i gemelli possono fruire solo di rare occasioni per agire come soggetti indipendenti ed unici entro il rapporto con il caregiver. L’esistenza della coppia rende difficili rapporti distinti con la madre, ostacolando la possibilità di ricevere attenzioni differenziate e cure individualizzate. I momenti ludici e quelli delle cure personali (ad esempio il bagnetto o il cambio del pannolino)  costituiscono momento elettivo di intensa comunicazione affettiva tra il bambino e la madre (Stern, 1985): attraverso il contatto, la manipolazione e la stimolazione sensoriale avviene lo scambio affettivo e la costruzione dei limiti corporei che consentiranno poi la formazione del Sé del bambino (Winnicott, 1975). Tutto ciò può risultare di difficile attuazione in caso di nascita multipla. In particolare, il rapporto di esclusività  instauratosi sin dai primi giorni di vita tra madre e figlio; i comportamenti materni nelle prime fasi di vita del bambino, quali vocalizzo modulato (motherese)[5], adattamento e pronta risposta agli stati d’allerta del neonato (volti a promuovere l’acquisizione di competenze cognitive), sono attuati in modo meno «efficiente», se i bambini sono gemelli o trigemini. Quando a ciò si aggiungono scarse capacità autoregolatorie nel bambino, irritabilità e difficoltà nel trarre conforto e consolazione dalle condotte di accudimento, assolvere alla funzione genitoriale diviene ancora più difficile e stressante. Lo sviluppo cognitivo e sociale dei gemelli (bi e trigemini) è dunque problematico per cause molteplici: accanto a fattori  quali la prematurità, non può essere ignorato il contributo dell’ambiente, e in particolar modo la relazione caregiver-infante. Il grande stress legato alla nascita multipla, la fatica, il senso di inadeguatezza che spesso accompagna le madri e la coppia genitoriale incidono negativamente sulla relazione con il neonato. In particolare, l’interazione tra variabili biologiche e contesto familiare sembra condurre ad  una più lenta acquisizione di competenze cognitive durante la prima infanzia, anche se le differenze in questo senso tra gemelli e nati singoli tendono ad essere riassorbite nel corso del tempo (Arpino, Cacciatore, Compagnone, De Luca, 2009).


[1] La coppia gemellare è stata descritta fino ad oggi come una coppia «particolare» che può diventare eccessiva (Zazzo, 1987), ovvero chiusa al mondo esterno (Provenzano, Provenzano, 2004). L’effetto coppia conduce frequentemente i gemelli a specializzarsi in aree di competenza complementari, come in un gioco ad incastro: ognuno ha bisogno dell’altro per ottenere un’intera dotazione  di abilità adattive (Sandbank, 1994). Il fenomeno puo’ estendersi anche a componenti psichiche del Sé, sviluppando un’identità distorta nell’intento di differenziarla da quella del co-gemello (Segal, 1999). Il consolidamento di ruoli complementari incrementa la difficoltà nel separarsi, perché ciò comporterebbe la perdita di una parte di Sé ritenuta indispensabile. La psicologia dello sviluppo ha individuato, nella coppia di gemelli, l’esistenza piuttosto frequente di una  suddivisione dei ruoli. Il primo autore che intuì questa separazione di funzioni tra i gemelli fu Helmut von Bracken nel 1939. Egli descrisse il ruolo di «ministro degli esteri» e «ministro degli interni». Von Bracken definì il primo come colui che si occupa di intrattenere e regolare i rapporti col mondo esterno alla coppia;  il secondo, il detentore del ministero degli interni, è il gemello più sensibile al vissuto interno della coppia, egli dirige i giochi prendendo le decisioni e assumendone la guida. Luigi Gedda (1951) evidenziò nella coppia, la presenza di un ruolo più attivo e uno più passivo, frequentemente consolidati nel tempo. Tali funzioni non risultano sempre evidenti. Il gemello dominante sceglie per la coppia, attraverso un processo di identificazione con il co-gemello. Il dominato sente le soluzioni adottate in assoluta armonia con quelle che avrebbe stabilito lui. Questo atteggiamento è funzionale al mantenimento dell’equilibrio, poiché impedisce di provare un invalidante senso di frustrazione. Dominante diviene spesso, chi nella coppia è tendenzialmente più forte, chi nasce per primo e con maggior peso alla nascita, mentre il ruolo di dominato è assunto dal bambino nato per secondo, con peso inferiore o se, alla nascita, presenta condizioni di sofferenza. Nelle coppie miste a dominare sarebbe la femmina in quanto nella costruzione della dominanza intervengono fattori maggiormente evidenti nelle bambine quali la precocità nella pulizia, una maggior resistenza alle malattie ed, in seguito, un miglior rendimento scolastico. Zazzo (1987) sostiene che la relazione tra caratteristiche fisiche alla nascita e differenze psicologiche non sia diretto, ma risulti fortemente influenzato dall’atteggiamento dei genitori. Madre e padre sono inclini a trascorrere maggior tempo col gemello più delicato e fragile, offrendo a lui maggiori attenzioni e cure. Un simile trattamento, riservato al più debole, col tempo ribalterebbe i ruoli dominato-dominante.
[2] Il linguaggio segreto dei gemelli detto criptofasia, è interpretabile come la conseguenza di una relazione di coppia esclusiva, di un rapporto preferenziale con il co-gemello. La criptofasia sarebbe quindi l’effetto di un eccessivo isolamento dal contesto familiare che per i nati singoli rappresenta, almeno inizialmente, il polo di una comunicazione esclusiva .Il linguaggio segreto dei gemelli è ritenuto un effetto della vita di coppia che esclude la madre, la quale dedica spesso un tempo insufficiente all’interazione verbale con ciascun figlio separatamente. L’ambiente circostante e i genitori hanno la tendenza a rivolgersi ai gemelli come coppia e non come individui singoli, riferendosi a loro come «i gemelli». Questo atteggiamento rinforzerebbe l’inclinazione stessa dei piccoli a comunicare preferibilmente fra loro, escludendo il mondo e costituendosi come un’unità. La criptofasia, è qui interpretata come conseguenza negativa dell’eccessiva autosufficienza della coppia, e sarebbe associata ad un ritardo nello sviluppo intellettivo, a timidezza e ad isolamento sociale. Tuttavia, nonostante sia opinione diffusa che i gemelli presentino un linguaggio unico ed esclusivo in virtù del contesto sociale condiviso e del loro stretto rapporto,  le evidenze scientifiche in tal senso sono assai modeste. La componente genetica gioca un ruolo importante nello sviluppo del linguaggio, e ciò è valido naturalmente sia per i gemelli che per i nati singoli. Nonostante i gemelli MZ condividano il 100% di alleli comuni, spesso presentano profili linguistici discordanti, anche per effetto del livello socio-culturale di appartenenza (Lytton, Conway, Sauvé, 1977) . Esperienze intra-partum, post-partum e ambientali possono essere alla base di questa differenza. Studi longitudinali che valutino accuratamente lo sviluppo del linguaggio in questi bambini sono necessari al fine di chiarire se effettivamente i gemelli presentino un rischio maggiore di sviluppare disturbi linguistici rispetto ai singoli, e se necessitino di intervento precoce.
[3] Riflettere sull’importanza evolutiva della solitudine aiuta a comprendere l’importanza di tenere talvolta i gemelli separati, facendoli interagire con adulti impegnati in occupazioni differenti. Il distacco crea la possibilità di interiorizzare sia l’altro che la relazione con lui, è il modo in cui ciascuno dei gemelli impara a stare solo e disgiunto dall’altro, superando la condizione di simbiosi.
[4] Anche l’assenza dell’accudente primario, puo’ essere letta in termini di una relazione mancata con la madre a beneficio del co-gemello.
[5] Motherese o baby talk sono espressioni indicanti un peculiare registro linguistico, adottato dall’accudente primario con la sua prole, quale strategia di adeguamento alle limitate competenze verbali del bambino piccolo. Il genitore si rivolge al figlio con un linguaggio largamente inventato e semplificato, nel quale la scelta dei vocaboli è ridotta e ripetitiva, il tono particolarmente accentuato e la struttura sintattica elementare.

ricerca.gemelli

cerco gemelli di età compresa fra i 18 ed i 25 anni, sia mono che eterozigoti per una ricerca condotta presso il dipartimento di psicologia dell'università di palermo. lo studio ha già coinvolto 21 coppie di gemelli ed ha l'obiettivo di far luce sulle peculiarità di nuclei familiari entro cui si trovino bimbi di pari età anagrafica.

la ricerca non ha fini di lucro, e la sottoscritta non riceve alcun compenso per l'attività di tirocinio.

per informazioni: ricerca.gemelli[at]gmail.com